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Lo stato delle imprese femminili in Italia

Per analizzare lo stato dell’arte dell’imprenditoria femminile in Italia, CRIF ha prodotto uno studio sulle ditte individuali con titolare donna e sulle società in cui la maggioranza dei componenti dell'organo di amministrazione è costituita da donne o la maggioranza delle quote di capitale è detenuta da donne.

Alla fine di febbraio, le imprese femminili sono risultate essere 1.381.987 (erano 1.312.451 alla fine del 2015), ma rappresentano solo il 22% delle imprese italiane.
Il 76% di queste sono Ditte Individuali, a fronte di un 15% di Società di Capitale, un 8% di Società di Persone e il restante 1% di Associazioni iscritte in CCIAA, enti, fondazioni e società anonime.
Analizzando, invece, l’incidenza delle imprese femminili rispetto al totale delle imprese, le forme giuridiche con la quota più alta sono Società di persone (27%) e Ditte Individuali (26%).

Questi dati confermano come la strada per colmare il gender gap sia ancora lunga ma il PNRR offre la possibilità di dare una forte accelerazione allo sviluppo dell’imprenditoria femminile: il decreto del 24 novembre 2021 che ha integrato le risorse a sostegno con i 400 milioni di euro previsti dall'investimento 1.2 ‘Creazione di imprese femminili’ dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ne è la dimostrazione.
Per altro, il Ministero dello sviluppo economico punta a rendere strutturali le agevolazioni per favorire la partecipazione delle donne nel mondo delle imprese, rafforzando e ridisegnando gli attuali incentivi a supporto dell’imprenditoria femminile per aumentare la loro efficacia. 

Andando ad analizzare l’incidenza di imprese femminili nei vari settori economici, lo studio presenta una situazione eterogenea: il 40% delle imprese che operano nel settore dei lavori domestici è femminile, così come il 38% di quelle attive nella sanità, mentre quasi 1 impresa su 3 è femminile nei servizi di alloggio e ristorazione e di istruzione.
Seguono, i settori agricoltura, attività immobiliare, noleggio e agenzie di viaggio e attività artistiche. L’attività manifatturiera e i servizi di informazione e comunicazione sono riconducibili nel 18% dei casi a imprese femminili.

Dallo studio emerge anche che l’88% delle imprese gestite da donne si caratterizza per una bassa digitalizzazione, contro un 61% della media nazionale. Inoltre, nelle fasce con livello medio-alto e alto di digitalizzazione ricade solo il 5% di imprese femminili, contro un 16,7% delle imprese totali. A questo riguardo, il PNRR si prefigge anche di sostenere la realizzazione di progetti aziendali innovativi per imprese già costituite e operanti a conduzione femminile o prevalente partecipazione femminile, anche in ambiti quali la digitalizzazione delle linee di produzione, il passaggio all’energia verde, ecc.

L’analisi territoriale, poi, mostra una distribuzione equilibrata tra tutte le regioni del Paese. Quelle che in proporzione presentano la maggiore concentrazione di imprese femminili sono Basilicata, Molise, Umbria, con una incidenza del 25% sul totale, seguite da Abruzzo, Calabria, Liguria, Sicilia e Valle d’Aosta con il 24%.
Lombardia e Trentino Alto Adige registrano invece solo il 19% di imprese femminili, pur essendo regioni a elevata imprenditorialità. Discorso analogo per il Veneto, con il 20% di imprese femminili.

 

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