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Sempre più italiani subiscono attacchi informatici mirati ai propri dati personali

La Cybersecurity è un punto topico del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (ne abbiamo parlato qui), al punto che nella Missione 1 sono previsti investimenti pari a 623 milioni di euro (dal 2021 al 2024) con l’obiettivo di rafforzare le difese del nostro Paese contro i rischi della criminalità informatica, a partire dall'attuazione del Perimetro di Sicurezza Nazionale Cibernetica (PSNC).

A questo riguardo, secondo le analisi dell’Osservatorio Cyber realizzato da CRIF, nel 2021 gli utenti italiani che hanno ricevuto un avviso di un attacco informatico ai danni dei propri dati personali sono cresciuti del +48,7% rispetto all’anno precedente.

Nel complesso, il numero degli alert riferiti a dati rilevati sul dark web sono saliti del +57,9% rispetto al 2020, mentre quelli riferiti all’open web sono aumentati del +16,4%.

Le informazioni rubate dai cyber-criminali possono essere utilizzate per diversi scopi, ad esempio per entrare negli account delle vittime, utilizzare servizi in modo abusivo, oppure estorcere o rubare denaro.  I dati personali degli utenti italiani che circolano per la maggiore sul dark web sono le credenziali email e il numero di telefono.

Questi preziosi dati sono spesso utilizzati per cercare di compiere truffe, ad esempio attraverso phishing o smishing.

Anche le password risultano essere tra le informazioni riservate che maggiormente circolano in modo illegale: spesso si tratta di combinazioni di numeri e lettere anche molto semplici per cui è molto facile per gli hacker riuscire a scoprirle.

In Italia, le password rubate più comuni sono nomi propri come “andrea”, “francesco” e “alessandro”, e nomi di squadre di calcio come “juventus” e “napoli”, a dimostrare la scarsa attenzione che molti utenti dedicano alle loro chiavi di sicurezza, inconsapevoli dei rischi che potrebbero correre.

È interessante anche osservare le combinazioni principali tra i dati intercettati sul web: quelle che crescono maggiormente includono i numeri di telefono e le carte di credito. In particolare, il numero di telefono è diventato un dato personale particolarmente prezioso perché consente l’accesso a molte piattaforme, che hanno introdotto l’autenticazione a 2 fattori nelle loro procedure di login.

Relativamente ai dati delle carte di credito, quasi sempre oltre al numero sono presenti anche cvv (il codice di sicurezza a 3 cifre presente sulle carte) e data di scadenza (nell’88,7% dei casi),mentre nel 72,5% dei casi si ritrova anche il nome e cognome del titolare, un’occorrenza quest’ultima in forte crescita rispetto al 2020.

Anche l’abbinamento di nomi e cognomi con i numeri di telefono ha registrato una forte crescita, al punto da essere rilevato nel 47,1% dei casi nel 2021.

Gli account legati ai siti di intrattenimento (soprattutto giochi online e di dating) restano quelli più esposti alla sottrazione di dati personali, con il 48,6% dei casi totali. Un fenomeno, questo, spinto anche dal fatto che gli e-sport (giochi online a livello competitivo e organizzato) sono in costante crescita e le piattaforme richiedono abbonamenti a pagamento, da cui deriva il rischio di perdite economiche per le vittime.

Fra i più violati anche gli account di forum e siti web (22,9%) e i servizi streaming, con il 15,5% degli account rilevati ma è in crescita anche il furto di account di social media (11,4% dei casi).

Ma chi sono i soggetti più esposti? In Italia la fascia di popolazione più colpita è quella di età compresa tra 41 e 50 anni (con il 26,4% del totale) seguita dai 51-60enni (25,6%) e dagli over 60 anni (24,8%).

Gli uomini rappresentano la maggioranza degli utenti allertati (nel 63,8% dei casi).

L’area con il maggior numero di casi è il Centro Italia, con il 37,3% del totale, seguito dal Sud, con il 26,7%, dal Nord Ovest, con il 21,0%, e dal Nord Est, con il 15,0%.

Entrando maggiormente nel dettaglio, le regioni in cui vengono allertate più persone sono il Lazio (con il 21,6% del totale), la Lombardia (12,8%) e la Campania (8,2%), seguite da Sicilia ed Emilia Romagna (entrambe con il 7,3%).

 

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